Primavera
giorno di primavera:
si perde lo sguardo in un giardino
largo tre piedi
(Masaoka Shiki)
Quando il poeta, critico letterario e giornalista nipponico, Masaoka Shiki (Matsuyama,1867 – Tokyo, 1902) compose questo haiku (lo haiku è un componimento poetico nato in Giappone nel XVII secolo, estremante inteso e sincero nella sua brevità, evocativo e suscettibile di infinite interpretazioni affidate alla sensibilità del lettore) era costretto a letto dall’aggravarsi della tubercolosi, malattia che lo afflisse per tutta la vita. Eppure, dal giaciglio che gli permetteva una ristrettissima vista del suo giardino (appunto”i tre piedi”) egli poteva cogliere tutta l’intensità della primavera, come se il suo sguardo potesse spaziare non su un fazzoletto di terra ma su un intero, infinito orizzonte che si estendeva davanti a lui a 180°.
Dopo il buio umido e freddo dell’inverno era giunta la stagione della rinascita, del risveglio della natura con i suoi suoni più allegri e i colori più squillanti, equilibrio cosmico capace di apportare nuova linfa e nuove energie, lo Spirito Universale che si apprestava a fecondare la Madre Terra per dare il via a un nuovo ciclo vitale.
Masaoka Shiki, dal suo letto, vedeva tutto questo…non semplicemente guardava dalla finestra. Poteva vedere anche senza guardare.
Guardare e vedere sembrano verbi abbastanza simili (si basano entrambi sull’osservazione) ma sono affatto sovrapponibili e per nulla sinonimi.
Guardare è semplicemente posare lo sguardo,prendere atto di una cosa, una persona, un oggetto o un accadimento. Mettere a fuoco un qualcosa attraverso lo strumento della vista e dargli un nome. E’ azione puramente spontanea alla quale non servono intermediari: basta aprire gli occhi la mattina e si inizia subito a “guardare” il nostro piccolo mondo che ci circonda e che ci è così familiare. E’ analisi senza coinvolgimento emotivo. Ciò che si guarda semplicemente è, esiste, se ne prende atto e si passa oltre.
Vedere è andare oltre l’atto di guardare; è non solo osservare ma anche capire. E’ guardare con consapevolezza. E’ fermarsi.
“Non importa quello che stai guardando, ma quello che riesci a vedere.“diceva Henry David Thoreau.
Tutti noi guardiamo tantissimo e vediamo pochissimo. Siamo distratti, perdiamo troppo tempo concentrandoci su cose di poco valore, a cui diamo la massima importanza. Viviamo in velocità, convinti di non avere tempo, impaludati nella certezza che non bisogna perdere nemmeno un attimo… ma un attimo di cosa? E’ un argomento complesso per poterlo adeguatamente sviscerare in poche righe e, spesso, fa parte di quell’insondabile bagaglio personale che non siamo autorizzati ad ispezionare.
Ma possiamo riflettere un momento su queste immagini che, forse con disattenzione, abbiamo guardato prima di concentraci sul testo.
E’ la distrazione che ci fa guardare ma non vedere quell’unico albero magnificamente fiorito tra i prati di Villa Fietta. Esso esiste, è meraviglioso ed appaga i sensi, ma noi lo abbiamo dato per scontato facendolo scivolare via dai nostri occhi, lontanissimo dal nostro cuore.
Perché invece di farci distrarre dal bello e rapire dalla poesia della natura che si sta risvegliando, ci lasciamo catturare dagli influssi negativi che ci circondano e non ci fanno vedere con quanta prodigalità il mondo si offre al nostro sguardo? Perché ignoriamo la carnosa magnolia fiorita nel giardino del vicino, i prati chiazzati dal giallo delle primule e dall’azzurro degli “occhi della Madonna”?
E, allora, alleniamoci a concentrarci sulla bellezza, combattiamo la disattenzione distraendoci con ciò che è piacevole. La natura è armonica magnificenza, madre che cura e accudisce con amore.
Dobbiamo imparare a guardare per vedere.
Se queste parole non giungono completamente nuove; se questi pensieri e riflessioni albergavano già dentro voi, solo che non siete mai riusciti ad esprimerli; se tra queste righe trovate una conferma al sentire più profondo o, al contrario, se queste poche frasi sono quanto di più lontano ci sia dalla comune sensibilità e desiderate dissentire, raccontateci la vostra esperienza, lasciateci un commento, qualunque esso sia!
Monica Gasparotto
La scrittura e l’ironia sono cose serie. Esattamente come il cioccolato.
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